Storia di Auletta, VILLAGGIO DI OLIDA.
Varie sono le interpretazioni della derivazione del nome e delle origini del paese. Alcuni erroneamente hanno affermato che il nome Auletta origina da un fitonimo: Olivola o Olibola per la presenza nel territorio di oliveti in formazione compatta. Il tutto nasce da un grossolano errore effettuato dall’archivista della Badia di Cava, Padre Simeone Leone, che nel suo “Transumpta diplomatum” attribuisce ad Auletta alcune pergamene, da attribuirsi, invece, a Sant’Agata di Puglia nel cui territorio era sito il Monastero di S. Pietro di Olivola o Olibola. A sua volta Lo studioso Pietro Ebner recepisce tale notizia errata riportandola nella sua opera “Chiesa, Baroni e Popolo nel Cilento”. La confusione nasce dal fatto che la Badia di Cava possedeva due monasteri con i nomi quasi simili: il monastero di S. Pietro in tenimento di Olida (Auletta) e il monastero di S.Pietro di Olivola in tenimento di Sant’Agata di Puglia. Altri con la fantasia di studenti di Liceo classico pensano che il nome derivi dal greco antico “Auletes “che significa “paese di suonatori di flauto”. Le origini del nome sono più complesse. E’ verosimile che nel VI secolo la collina dove è posta Auletta fu chiamata dai Bizantini “Aulidion” diminutivo di “Aulé” che significa recinto, piazzale ma anche casa campestre, villa rustica, luogo di sosta. Furono, quindi, i Bizantini a ristrutturare, per esigenze militari, una villa rustica romana sita alla sommità della collina che faceva parte di un “praedium” cioè di un grosso fondo rustico trasformandola in un fortilizio che successivamente, durante la guerra greco-gotica, svolse compiti di ristoro, di accampamento delle truppe, di stazionamento delle salmerie e di comando. Nei secoli successivi il neutro greco “Aulidion” si trasformò nel latino femminile “Aulida” da cuì Oleda, Olida, Olecta, Auletta. Troviamo il termine Oleda per la prima volta nella Bolla inedita di Papa Urbano II all’Abate Pietro I della Badia di Cava nell’anno 1089, nella quale viene confermato il possedimento, da parte della Badia, del monastero di Santa Maria di Pertosa ricadente nel territorio di Auletta: “In Oleda, sancte Marie de Pertusa” e nella pergamena LXV del 1098 del Syllabus Grecarum Membranarum di Francesco Trinchera troviamo il termine Olida: “serra Olida” per indicare verosimilmente il bosco di Lontrano. Dopo la caduta dell’Impero romano, la guerra greco-gotica che fu combattuta anche nella Bassa Valle del Tanagro e la terribile peste detta di Giustiniano che falcidiò la popolazione della vallata, le orde longobarde al comando del crudele Zotone più volte penetrarono nella valle e percorrendo la via Annia o Popilia portarono morte e distruzione. Fu a questo punto che la inerme popolazione abbandonò le sedi abitative più esposte alle razzie e si indirizzò verso un luogo lontano dalle vie di comunicazioni chiamato Lontrano, dove visse di pastorizia e di agricoltura coltivando il terreno fertile della valle sottostante. Nel secolo VIII i Longobardi, ormai convertiti al Cristianesimo, ritennero necessario creare strutture di controllo e di mettere a cultura le terre della Valle del Tanagro abbandonate il secolo prima, Pertanto, ristrutturarono e potenziarono quel fortilizio già utilizzato dai Bizantini. Il Castellum agì da richiamo sulle popolazioni circonvicine che tesero a stabilirsi dentro ed intorno alla cerchia fortificata. La popolazione che era stanziata a Lontrano fu indotta a trasferirsi per poter mettere a coltura le terre circostanti. Le prime terre che vennero coltivate con contratti agricoli vantaggiosi furono quelle di Massavetere. L’insediamento di Olida, quindi, prende le mosse da una fortificazione longobarda che comincia ad urbanizzarsi aggregando i nuclei sparsi e spostando il centro di gravità della popolazione da Lontrano (Auletta vecchia) alla ubicazione odierna. Ben presto nel IX-X e XI secolo lo stanziamento nella Bassa Valle del Tanagro di monaci basiliani e di popolazioni di lingua e di cultura greca, immigrati dalla Sicilia e dalla Calabria, spaventati dalle incursioni saracene, rafforzò la componente demografica della vallata e del villaggio di Olida che assunse funzioni di centro agricolo ed amministrativo della Bassa Valle del Tanagro. Sorsero il Monastero di Sant’Andrea, la Chiesa di San Elia, il Monastero di San Pietro che verosimilmente intorno al XIV sec. si trasformò nella Chiesa parrocchiale di San Nicola di Myra. Con l’avvento dei Normanni il villaggio fu fortificato e divenne un Castrum cioè un villaggio fortificato con funzione di rifugio per la popolazione civile, oltre che di controllo militare della vallata. Dal 1056 Auletta fu feudo di Guglielmo d’Altavilla, detto di Sannicandro, Conte del Principato e dei suoi discendenti: Roberto, Guglielmo II, Nicola, Adelaide (reggente, moglie di Nicola), e Guglielmo III che tennero la Contea di Principato ed il feudo di Auletta fino al 1155. La Contea di Principato era costituita da una ideale circonferenza che, partendo da Eboli toccava Senerchia, Baragiano, Satriano di Lucania, Brienza, Teggiano, Castel San Lorenzo, Altavilla, andando a chiudere il cerchio ad Eboli che era, per così dire, la capitale della Contea. Dal 1140 circa Auletta fece parte della sottocircoscrizione militare (sottocomestabulia) di Balvano la cui giurisdizione ricadeva sulle terre della diocesi di Conza di cui Auletta faceva parte. Durante il periodo federiciano risulta che il castrum di “Alecte” fece parte del sistema difensivo che aveva il suo baricentro nel castello di Brienza. Già intorno al XII sec. Auletta aveva raggiunto una personalità giuridica con lo status di Universitas avendo acquisito una matura vita organizzativa con le proprie consuetudini che avevano il valore di leggi, le proprie magistrature ed una autonomia territoriale come si evince dalle pergamene del Syllabus Graecarum membranarum. Nel 1255, durante il regno di re Manfredi, lo zio, Galvano Lancia, nominato Conte di Principato, acquisì il dominio su Auletta, come è detto nel rescritto del re Carlo d’Angiò del 1267 di conferma del diritto di pascolo nel territorio di Auletta agli animali appartenenti al monastero di Santa Maria di Pertosa, e lo tenne fino al 1268 anno della sua morte avvenuta per decapitazione insieme a Corradino di Svevia in piazza del Mercato a Napoli. La successiva dominazione angioina vide feudatari francesi succedersi nel feudo. Il primo tra questi fu Roberto di Bethune, genero del re Carlo I d’Angiò e dopo di questi, Guglielmo di Saccanville e i suoi discendenti tennero il dominio su Auletta per circa trent’anni fino al 1301. Dal 1284 al 1299 le terre del Principato furono sconvolte dalla guerra del Vespro combattuta tra Aragonesi ed Angioini. Auletta come le altre Università limitrofe subì la pressione dell’esercito aragonese e si difese accanitamente dagli attacchi, che assunsero gli aspetti di una subdola e terribile guerriglia alimentata in particolare dagli Almugaveri, guerriglieri esperti quanto crudeli che portarono distruzione nelle nostre contrade razziando ed incendiando. Il castrum di Auletta fece parte validamente, insieme al castello di Sicignano, Buccino e Caggiano della linea difensiva di sbarramento del passo verso Salerno. Nel 1312 il feudo, ereditato dai Giovanna Piletto, venne acquistato da Mattia Gesualdo. Durante il regno angioino ad Auletta si svolgevano giostre e tornei cavallereschi organizzati in varie occasioni. Tali eventi erano patrocinati dai Gesualdo con ampia partecipazione di pubblico appassionato ed entusiasta che convergeva ad Auletta dai paesi limitrofi e non solo. I Gesualdo continuarono a possedere il feudo di Auletta anche con l’avvento degli Aragonesi. Nel 1444 il re Alfonso d’Aragona, diretto in Calabria, si fermò ad Auletta il 23 e 24 ottobre ospite nel castello del Conte di Conza e Signore di Auletta, Luigi II Gesualdo. Come il padre anche il re Ferdinando I il 21 novembre del 1461 si fermò ad Auletta, ospite nel castello dei Gesualdo di ritorno dalla Calabria, dove era sceso per reprimere focolai di rivolta baronali. In più occasioni Alfonso d’Aragona duca di Calabria e futuro re pernottò ad Auletta. Il 18 e 19 aprile del 1489, Sabato Santo e il giorno di Pasqua si fermò ad Auletta, gradito ospite di Luigi III Gesualdo. La mattina di Pasqua ascoltò la messa nella Chiesa del Monastero di Sant’Andrea che era già passato dai Benedettini ai Francescani. Luigi III Gesualdo partecipò nel 1497 alla Congiura dei Baroni conto il re Federico d’Aragona, ordita da Antonello Sanseverino che si era asserragliato nel castello di Teggiano, ma fu costretto a consegnare i sui castelli, fra cui i castelli di Caggiano ed Auletta, ed andare in esilio in Francia accompagnato dal fedele “Goffredo Cappiello della terra dell’Auletta”. I due castelli vennero consegnati al re il 26 ottobre e fino a quella data il re stette accampato sotto Buccino non osando avventurarsi oltre nella morsa che quei due presidi avrebbero potuto costituire durante il transito del suo esercito nel Vallo di Diano. Luigi III Gesualdo con l’avvento della dominazione spagnola riavrà tutti i suoi feudi compreso il feudo di Auletta. Fabrizio Gesualdo, figlio di Luigi, fu tenuto in grande considerazione dall’Imperatore Carlo V. Tanto che fu uno dei pochi nobili napoletani a poter stare a capo coperto alla sua presenza, essendo stato nominato Grande di Spagna e Consigliere regio. Questo spiega il soggiorno dell’Imperatore ad Auletta il 17 novembre del 1535, di ritorno dalla Tunisia dove aveva conquistato Tunisi strappandola al pirata Ariademo Barbarossa, quasi volesse onorare con la sua presenza la casa e la famiglia del fedele vassallo. I Gesualdo furono feudatari di Auletta per più di tre secoli, fino al 1629 quando il feudo passò a Nicola Ludovisi, Principe di Piombino e nipote di Papa Gregorio XV, che aveva sposato Isabella, ultima dei Gesualdo, erede dei Principi di Venosa. Nel 1659 il feudo di Auletta venne comprato da Paolo Vitilio di Caggiano per 12.586 ducati. Paolo Vitilio era un possidente facoltoso che, tuttavia, non poteva vantare alcuna antica nobiltà. Era un parvenu e come tale aveva una grande desiderio di nobiltà. I discendenti di Paolo Vitilio furono Marcantonio, Gian Luigi, che acquisì il titolo di Marchese, e Gianbattista. Quando Giambattista morì nel 1767, il feudo passò alla nipote Emanuela che sposò Andrea Di Gennaro. Il feudo nel 1798 passò al figlio, Filippo Di Gennaro Vitilio, il quale sarà l’ultimo feudatario di Auletta essendo subentrata nel 1806 l’eversione della feudalità. Filippo, non avendo figli, lascerà tutti i beni di famiglia posseduti in Auletta al fratello Raimondo la cui figlia, Emanuela Beatrice, sposerà nel 1839 Antonio Castriota Scanderberg. Nel 1799 con l’avvento dell’effimera Repubblica partenopea anche ad Auletta fu innalzato l’albero della libertà in piazza del Sedile attuale piazza Giallorenzo ed instituita la Municipalità ad opera del notaio Vittorio Muccioli che ne fu Presidente, del Dott. Ludovico Antonio Ventre che ne fu Segretario e dell’Arciprete Don Vincenzo Ventre “che con la sua capacità oratoria indusse il popolo a concorrervi”. Dopo il 1815, con la restaurazione borbonica sorsero le società segrete della Carboneria dette “vendite” che auspicavano il passaggio dall’assolutismo regio al regime costituzionale. I moti del 1821 si prefiggevano di raggiungere tali finalità. Anche ad Auletta vi era una vendita carbonara ispirata a posizioni moderate il cui nome in codice era “I figli della virtù difesa”. Il Gran Maestro della vendita fu il sacerdote Don Lorenzo Amorosi. Nel 1837 Auletta fu duramente colpita dal colera che, sviluppatosi a Napoli, rapidamente si diffuse nell’intero Regno. Ad Auletta il morbo giunse ai primi di luglio e subito iniziò a mietere vittime. Le persone colpite dal morbo furono 261 e i morti 118. Quasi tutti morirono nei mesi di luglio ed agosto. Come per incanto il 17 agosto, festa del Santo Patrono, Donato da Ripacandida, la pestilenza cessò. I moti del 1848 videro emergere in Auletta il conflitto fra due gruppi borghesi: da una parte i conservatori tra cui Raffaele Amorosi, Vittorio Rota, Luigi e Carlo Di Napoli, Giuseppe Sausto e dall’altra i liberal-democratici tra cui Giuseppe e Raimondo Mari, Raffaele Muccioli, di professione caffettiere, Vittorio Muccioli, Giuseppe Cionna, Francescantonio Carusi-Abamonte, il sacerdote Don Francesco Caggiano. Questi ultimi si battevano per una Costituzione più liberale. Ma accanto ai moti patriottici ci furono anche moti sociali con l’occupazione delle terre in contrada Lontrano da parte dei contadini i quali sostenevano che parte di queste terre fossero demaniali ed usurpate agli aulettesi dal marchese Castriota Scanderberg che per la verità erano terre ricevuti in eredità dalla moglie Emanuela. La rivolta richiese l’intervento delle milizie provinciali che sedarono i disordini. Per la prima volta ad Auletta nascevano istanze sociali preludio di una coscienza di classe. La sera del 28 giugno Carlo Pisacane sbarcò a Sapri con i suoi compagni. Truppe borboniche al comando del colonnello Chio partirono da Auletta, coadiuvate dalle guardie urbane dei paesi del distretto, per affrontare Pisacane. Ma gli aulettesi non si macchiarono del sangue di Pisacane e dei suoi seguaci, perchè il sottocapo degli urbani, Alfonso Carusi, di sentimenti liberali, si rifiutò di marciare su Sala Consilina e per tale insubordinazione venne rimosso dall’incarico dall’Intendente Avossa. ll 16 dicembre 1857 alle ore 22,15 una violenta scossa sismica sussultoria di magnitudo 7 della scala di Richter interessò la Basilicata e il Principato Citra in particolare il Vallo di Diano e la Bassa Valle del Tanagro. Auletta pianse 39 vittime,21 feriti,186 case crollate,310 gravemente danneggiate. Furono estratte vive dalle macerie 44 persone. I danni ammontarono a 150.000 ducati. La popolazione passò all’addiaccio quel terribile inverno reso ancora più difficile dalla carestia che imperversò. Furono costruite 40 baracche lungo Corso Umberto I (attuale Via XXV Aprile) e un baraccone alla Braida con 40 stanzette, un forno per la panificazione e una baracca per le funzioni religiose. Il 30 agosto del 1860 a Sala Consilina era stato proclamato dagli insorti (tra cui 40 aulettesi al comando di Antonio Guerra e Alfonso Carusi) il Governo provvisorio con Giovanni Matina Prodittatore della Provincia di Salerno. La sera del 5 settembre del 1860 giunse ad Auletta Giuseppe Garibaldi con il suo seguito acclamato dalla popolazione festante e fu ospite della famiglia del Dott. Gennaro Mari nel cui palazzo il colonnello Fabrizi, comandante dei circa 5000 insorti schierati allo Scorzo, irti pendici degli Alburni, aveva posto il Quartier generale. In casa Mari Garibaldi ricevette i patrioti Aulettesi della Giunta insurrezionale (il sacerdote Don Francesco Caggiano, l’Avv Antonio Guerra, Filippo Carusi, Vittorio Muccioli, Luigi Laurenti, Giuseppe Mari.) e le rappresentanze delle Giunte insurrezionali dei paesi limitrofi. La mattina del 6 settembre prima di ripartire per Eboli incontrò i rappresentanti dei Comitati d’Ordine e del Comitato d’Azione che erano venuti per conoscere a chi dei due Comitati il Generale volesse concedere la fiducia per reggere le sorti dello Stato che in quei giorni si andava sfaldando. Garibaldi da Auletta scrisse una lettera invitando alla concordia: ”Per il bene della causa dell’unità italiana vi prego di riunirvi e comporre il Comitato unitario. Attendo ogni aiuto dal vostro illuminato ed ardente patriottismo nazionale. Auletta 6 settembre 1860” La mattina dello stesso giorno in casa Mari nominò Giacinto Albini Governatore della Provincia di Basilicata con poteri illimitati. Erano passati appena dieci mesi dalla venuta di Garibaldi ad Auletta che una insorgenza borbonica coinvolse nel mese di luglio del 1861 vari paesi del circondario: Petina, Serre, Salvitelle. La sera del 28 luglio 1861 circa 80 rivoltosi armati, tra cui una ventina di soldati sbandati dell’ex esercito borbonico, entrarono in Auletta seguiti subito dopo dal grosso dei rivoltosi costituito da contadini, braccianti di Auletta e dei paesi limitrofi che aspettavano l’esito dell’assalto in contrada Ponte. Furono bruciate gli stemmi e il ritratto di Vittorio Emanuele ed esposti alla folla i ritratti di Francesco II e Maria Sofia. In piazza del Sedile, attuale piazza Giallorenzo, fu proclamato il Governo provvisorio. Poi i rivoltosi si diedero al saccheggio e alle vendette. Le case dei liberali furono saccheggiate. In particolare la casa del Sindaco, Avv. Antonio Guerra, fu completamente distrutta. La stessa sorte toccò alle case di altri liberali tra queste quella del Dott. Gennaro Mari e di Vittorio Muccioli, la cui anziana madre, Paolina Amorosi, morì per lo spavento. La stessa sorte toccò alle case di Stefano Gallotta e Raffaele Muccioli perchè liberali facenti parte della Guardia nazionale. Luigi Cappetta di Giffoni, residente in Auletta, gestore delle carbonaie, venne picchiato selvaggiamente, ferito con arma da taglio e scampò alla esecuzione per puro miracolo. La mattina del 30 luglio 1861 l’Esercito Regio Italiano, che si era costituito a maggio dello stesso anno, entrò con impeto in Auletta dalla zona Piano. Era costituito da circa 90 bersaglieri comandati dal capitano Ernesto Dell’Argine e da una compagnia di linea del 40° fanteria, Brigata Bologna, di circa 200 uomini tra cui molti Ungheresi, comandati dal capitano Cavana. Gli insorti in possesso di fucile si difesero nei vicoli del paese nel modo migliore. I soldati sbandati che avevano maggiore dimestichezza con le armi e abilità militari opposero una maggiore resistenza. L’azione dell’esercito fu decisa e spietata, sia nei confronti di chi armi in pugno aveva opposto resistenza sparando dai tetti e dalle finestre nei vicoli stretti e bui, in prevalenza ex militari borbonici, sia contro la popolazione civile che, sebbene ingenuamente si era fatta coinvolgere dall’entusiasmo insurrezionale e molti avevano partecipato ai vari saccheggi, meritava, tuttavia, ben altro trattamento. In quei momenti convulsi, proprio coloro che erano apparsi i più decisi e che si erano impegnati nei giorni precedente a coinvolgere nella rivolta braccianti e contadini, promettendo una paga di cinque carlini al giorno, furono quelli che si salvarono dandosi alla fuga. Molte case vennero saccheggiate dai soldati e bruciate. Le vittime di questo eccidio furono circa 60 di cui 26 aulettesi. I restanti morti in numero di circa 35 furono ex soldati borbonici sbandati, renitenti alla leva e contadini dei paesi limitrofi, nonché militari dell’esercito che avevano partecipato all’attacco. L’ordine era stato ristabilito ma a che prezzo! Ma perché proprio ad Auletta avvenne questo eccidio? L’insorgenza venne fomentata dal Comitato borbonico con sede a Portici di cui facevano parte Filippo Ferri, figlio del fu Ministro delle Finanze del Governo borbonico, Ferdinando, la cui famiglia era originaria di Auletta. I Ferri che avevano ancora proprietà, parenti e relazioni ad Auletta cooptarono i nostalgici borghesi del vecchio regime, che mal sopportavano di essere stati sostituiti nei posti chiave del potere dai fautori del nuovo ordine politico, e il clero locale retrivo e conservatore che seguiva le indicazioni politiche della Chiesa, ostile all’Unità d’Italia a causa dello smembramento dello Stato Pontificio. Il Comitato borbonico che si formò in Auletta avrebbe dovuto sviluppare la reazione in vari paesi limitrofi come, infatti, si tentò di fare a Petina e a Salvitelle. Il segretario del Comitato era l’anziano sacerdote Don Giuseppe Pucciarelli coadiuvato da altri sacerdoti tra cui il fratello Don Giovanni, Don Francesco Salatino, Don Pasquale Romano, Don Raffaele Gambino di Vincenzo. Altre pedine importanti del Comitato erano Pasquale Boccadoro e Fiore Salatino i quali tenevano i contati con il Comitato di Portici e con i nostalgici borbonici dei paesi limitrofi, e ancora Francescantonio Cirpoli, parente dei Ferri e amministratore dei loro beni, Vittorio Amorosi, medico, che apparteneva ad una famiglia di antica fede borbonica, Vittorio Rota che era stato Sindaco di Auletta nel decennio precedente ed altri. I contadini e i braccianti della zona, fedeli in gran parte alla precedente casa regnante, vennero indirizzati al servizio degli interessi della dinastia borbonica con elargizione di denaro (5-6 carlini al giorno) e la promessa della ripartizione fra il popolo delle terre demaniali usurpate. La monarchia borbonica nel mobilitare le masse contadine si proponeva, più che riconquistare il Regno con le sue sole forze, di sollecitare l’intervento delle grandi potenze, soprattutto l’Austria, per eliminare i focolai insurrezionali pericolosi per la pace europea. Questa strategia fu la causa principale della cruenta lotta armata che, assumendo le connotazioni di una guerra civile, insanguinò il Mezzogiorno per più di dieci anni. Coloro i quali morirono nell’eccidio di Auletta non morirono da eroi ma da vittime degli interessi della dinastia borbonica e da martiri inconsapevoli dell’Unità d’Italia. Furono rinviati a giudizio 263 imputati con l’accusa di “cospirazione e di attentato al fine di distruggere l’attuale forma di Governo”. Ma in data 11 dicembre 1863 tutti gli imputati vennero scarcerati perché fu resa esecutiva la Sovrana indulgenza del 17 novembre in favore di tutti gli imputati, anche dei latitanti, della reazione politica avvenuta in Auletta il giorno 28 luglio 1861. Non ci furono avvenimenti cruenti nella seconda metà dell’ottocento. Le amministrazioni comunale furono interessate alla realizzazione di opere pubbliche importanti. Si realizzano in questo periodo lavori per ammodernare le strade del paese e per migliorare l’igiene dell’abitato. Si costruiscono tratti di fognatura che sversarono al Dirupo. Nel 1886 si rese operativa la tratta ferroviaria Salerno-Sala Consilina. Si effettuarono lavori relative alle fontane pubbliche per arrecare sollievo ai bisogni di acqua sempre crescenti della popolazione. Nel 1912 è la volta della pubblica illuminazione e nel 1936 il paese è servito da un moderno acquedotto. Alla fine dell’ottocento l’immigrazione diventò massiva. La popolazione scese da 3230 abitanti del 1881 a 2640 del 1911. Ben 600 persone emigrano negli USA, Argentina, Brasile accolti dagli stessi pregiudizi che oggi spesso noi riserviamo agli immigrati che arrivano nel nostro paese. Gli strati più poveri della popolazione non aveva di che pagarsi il viaggio e per questo fra gli emigrati aulettesi prevalsero i piccoli possidenti, contadini che avevano piccoli appezzamenti di terreno e che con le loro rimesse compreranno casa o altri terreni agricoli migliorando le loro condizioni economiche. Moltissimi di essi non torneranno mai più nel loro paese. Così fu per Francesco Caggiano, emigrato in Argentina il cui figlio, Antonio, sarà nominato da Papa Pio XII nel 1946 Cardinale e Arcivescovo di Buenos Aires. La guerra 1915-18 vide la partecipazione di un gran numero di aulettesi che combatterono con onore versando il loro sangue sul Carso, sull’Isonzo, sul Piave. Auletta pianse 36 morti. La pandemia di influenza Spagnola tra il 1918-20 ne uccise altrettanti, tra cui il Medico Condotto, il Dott. Michele Gambino colpito a sua volta dal morbo durante la sua opera assistenziale. L’avvento del fascismo non stimolò opposizioni eclatanti ma molti aulettesi manifestarono il loro dissenso al PNF non iscrivendosi al Partito e non partecipando alle sue manifestazioni propagandistiche, altri rifiutando di vestire la divisa fascista, qualcuno come Romualdo Muccioli, gestore delle Poste, per aver manifestato il suo dissenso politico fu condannato al confino. Altri, per evitare rappresaglie di vario genere, si rassegnarono sperando in tempi migliori. Gli effetti della dichiarazione di guerra del 1940, che era stata tanto acclamata a Piazza Venezia da una folla esultante stordita dalla propaganda fascista, si fecero sentire presto sul nostro esercito impreparato e sui civili inermi. Alla fine di agosto e gli inizi di settembre 1943 gli aulettesi sperimentarono sulla loro pelle le atrocità della guerra. Dopo la conquista della Sicilia e lo sbarco in Calabria da parte degli Alleati, la 10° armata tedesca comandata da Generale Henrich Von Vietinghoff aveva messo inizialmente il suo Quartier Generale a Polla. Delle sei divisioni di cui era costituita la 10° armata tedesca, la 29 divisione Panzer Grenadier e la 26 divisione corazzata fronteggiavano l’8° armata Britannica del Generale Montgomery che saliva lentamente dalla Calabria. Auletta subì decine di bombardamenti aerei da parte degli Alleati che miravano a distruggere il ponte sulla statale 19 di grande importanza strategica e a colpire i depositi, i mezzi corazzati e motorizzati tedeschi mimetizzati negli uliveti delle contrade limitrofe all’abitato. La popolazione impaurita per le continue esplosioni di bombe che lambivano miracolosamente le case del paese (una bomba cadde nel paese ma fortunatamente non esplose) si rifugiò nelle gallerie ferroviarie del Laurito e della Amorosella. Nonostante tutto Auletta pianse la morte di sei civili e oltre 27 militari caduti nei vari teatri di guerra tra questi Raffaele Giallorenzo, giovane partigiano, catturato dai fascisti nelle Langhe e fucilato il 10 marzo 1945 a Pinerolo al ponte Chisone insieme ad altri sei suoi compagni. Auletta lo onorò intitolandogli la piazza principale del centro antico.
Feudatari di Auletta
Guglielmo d’Altavilla detto di Sannicandro, I°Conte di Principato Anno 1056-1080
Roberto Conte di Principato Anno 1080-1099
Guglielmo II Conte di Principato Anno 1099-1128
Nicola Conte di Principato Anno 1128-1142
Adelaide (Reggente, moglie di Nicola) Anno 1142-1146
Guglielmo III Conte di Principato Anno 1146-1155
Regia Curia(amministratore Alfano de Castello a mare dal 1156-1161) Anno 1156-1168
Enrico di Navarra conte di Principato Anno 1168-1177
Adelasia (reggente moglie di Enrico) Anno 1178-1185
Guglielmo IV di Navarra Conte di Principato Anno 1186-1202
Svevi Anno 1202-1256
Galvano Lancia Anno 1256-1268
Regia Curia Anno 1268-1269
Roberto di Berthune (genero del re Carlo I d’Angiò) Anno 1269-1270
Guglielmo di Saccanville Anno 1271-1281
Guglielmo II di Saccanville detto Guglielmotto Anno 1281-1283
Sacchetto di Saccanville (amministratore Guglielmo de Alneto) Anno 1284-1301
Regia Curia Anno 1301-1302
Raimondo Berrengario (figlio del re Carlo I d’Angiò) Anno 1303-1305
Regia Curia Anno 1305-1306
Giovanni Piletto Anno 1306-1311
Giovanna Piletto (amministratrice Margherita di Santo Liceto) Anno 1311-1312
Mattia I Gesualdo Anno 1312-1330
Mattia II Gesualdo Anno 1331-1369
Nicolò III Gesualdo Anno 1370-1391
Sansone I Gesualdo Anno 1391-1442
Luigi II Gesualdo Anno 1443-1471
Sansonetto Gesualdo Anno 1471
Nicolò IV Gesualdo Anno 1472-1480
Luigi III Gesualdo Anno 1490-1494
Regia Curia (amministratore Giovanni Di Maio) Anno 1494-1495
Luigi III Gesualdo Anno 1495-1498
Regia Curia (amministratore Giacomo di Buccino) Anno 1498-1505
Luigi III Gesualdo Anno 1505-1517
Fabrizio I Gesualdo Anno 1517-1545
Luigi IV Gesualdo(1° Principe di Venosa) Anno 1545-1584
Fabrizio II Gesualdo (2° Principe di Venosa) Anno 1584-1593
Carlo Gesualdo (3° Principe di Venosa Anno 1593-1613
Isabella Gesualdo (nipote di Carlo figlia di Emanuele, morto nel 1613) Anno 1613-1629
Lavinia Ludovisi Gesualdo (Figlia di Nicolò Ludovisi e di Isabella) Anno 1629-1634
Regia Curia Anno 1634-1635
Nicolò Ludovisi Anno 1636-1659
Paolo Vitilio Anno 1659-1680
Marcantonio Vitilio Anno 1680-1714
Gian Luigi Vitilio ( 1°Marchese) Anno 1714-1749
Giambattista Vitilio Anno 1750-1767
Emanuela Vitilio (sposa Andrea Di Gennaro) Anno 1767-1798
Filippo Di Gennaro (ultimo feudatario di Auletta) Anno 1798-1806
In seguito alla eversione della feudalità nel 1806, Lontrano, difesa feudale, e tutti gli altri beni burgensatici, cioè di esclusiva proprietà della famiglia Di Gennaro-Vitilio, passeranno da Filippo Di Gennaro, morto senza aver avuto figli, al fratello Raimondo, la cui figlia, Emanuela Beatrice, sposerà nel 1839 Antonio Castriota Scanderberg. Pertanto, Raimondo Di Gennaro e i Castriota Scanderberg non sono mai stati feudatari di Auletta come erroneamente da alcuni si ritiene.
Fonte storica: Luigi Langone, medico prestato alla storia per pura passione. Aulettese.